Sul tema del sonno dei bambini ognuno può dire la sua: per esperienza diretta da genitore sui propri figli, perché si sono fatti degli studi specialistici e si conosce il funzionamento fisiologico, perché si sono raccolte testimonianze o letti articoli al riguardo, ecc. Una cosa che però non si può dire molto facilmente è come il sonno e l’addormentamento viene vissuto dal bambino e dai genitori. Sensi di colpa, rabbia, frustrazione, sentimenti di incapacità a gestire un vissuto che sembra tanto naturale, pervadono i genitori e i bambini ogni sera, al momento di andare al letto.

Cercheremo di fare un po’ di chiarezza sulle caratteristiche del sonno dei bambini e degli adulti, senza dare però delle “ricette” che vadano bene per tutti ma dando dei consigli utili alla maggioranza, ricordando che in caso di difficoltà la cosa migliore è parlarne con un esperto (pediatra, medico di base, psicologo).

 

Il ritmo sonno-veglia e le caratteristiche del sonno dei bambini

Il sonno dei bambini è molto diverso da quello degli adulti: il sonno, infatti, è un fenomeno complesso, che si evolve e si modifica durante la crescita.

Un individuo adulto dorme mediamente 8 ore ogni notte alternando due diverse fasi di sonno: la fase NREM, non legata al movimento degli occhi durante il sonno, ha una durata complessiva di circa 90 minuti e si compone a sua volta di 4 diversi momenti (addormentamento, sonno leggero, sonno profondo e molto profondo) e la fase REM, in cui invece gli occhi della persona si muovono velocemente, l’attività celebrale diventa più intensa ed il soggetto sogna. (La fase REM può durare all’inizio anche solo 10 minuti, l’ultima può durare anche 1 ora). Queste due fasi si alternano dalle 4 alle 6 volte ogni notte con cicli con una durata piuttosto regolare.

A differenza degli adulti, un bambino nel primo mese di vita si sveglia mediamente ogni 3-4 ore; dal primo a quarto mese di vita il neonato inizia ad abituarsi ai cicli buio-luce, per cui i suoi cicli iniziano a manifestarsi in maniera più regolare di notte; a sei mesi il bambino diventa più regolare e dorme circa 6 ore a notte svegliandosi una sola volta per mangiare. A 9 mesi si assiste ad un incremento dei risvegli notturni, ma ciò che è importante è che, col passare dei mesi, si assiste ad una diminuzione costante delle ore di sonno.

Gli studi di epidemiologia ci dicono che a nove mesi l’84% dei bambini si sveglia almeno una volta; il massimo del numero di risvegli per ogni notte si ha a due anni.

Nei primi mesi di vita un bambino trascorre circa il 70-80% del tempo dormendo, la durata totale del sonno in una giornata resta piuttosto alta: si calcolano circa 15-20 ore al giorno per i neonati contro le 5-6 ore degli anziani.

I bambini dormono di più principalmente perché il sonno influisce sulla loro crescita, in particolare: favorendo lo sviluppo cerebrale (soprattutto il sonno nella fase REM, cioè quello più leggero); consolidando la memoria e tutto ciò che il piccolo apprende durante il giorno; stimolando la secrezione dell’ormone della crescita; rafforzando il sistema immunitario, consentendo all’organismo di rallentare e al cervello di eliminare le tossine accumulate durante la veglia.
Possiamo quindi comprendere quanto sia importante lasciar dormire il bambino per tutto il tempo che gli è necessario, cosicché impari a gestire autonomamente i propri ritmi.

 

I pediatri di famiglia appartenenti all’Associazione Culturale Pediatri delle regioni Puglia e Basilicata hanno voluto studiare il sonno dei bambini che frequentano i loro ambulatori, e così 36 pediatri hanno arruolato per una ricerca, in occasione dei bilanci di salute, tra gennaio 2004 e gennaio 2007, 1438 bambini. Ai genitori fu richiesto di compilare un questionario sulle abitudini del sonno del bambino e su eventuali problemi riscontrati, comprendente anche alcune informazioni generali (presenza di patologie, composizione del nucleo familiare, tipo di allattamento in corso, dati anagrafici e socio-culturali) e un diario del sonno per 7 giorni.

Infine si chiedeva se il bambino dormiva nel lettone o nel lettino, in camera con i genitori o da solo. Alle madri veniva richiesta un’opinione sul sonno del loro bambino: se cioè fosse normale o se, a loro giudizio, ci fossero dei problemi. Le madri dovevano dire anche di che cosa il bambino avesse bisogno per addormentarsi, o riaddormentarsi dopo i risvegli notturni, e quanto tempo ci metteva per addormentarsi alla sera.

Si tratta probabilmente della più vasta indagine condotta in Italia con metodi scientifici da cui sono emersi i seguenti risultati:

  • Il 72% dei bambini tra un mese e tre anni ha bisogno della presenza del genitore per addormentarsi, la maggior parte di loro (67%) richiede proprio il contatto fisico
  • tra un mese e tre anni l’86% dei bambini dorme insieme ai genitori (in camera o nel lettone tutte le notti o qualche notte); ma a tre anni 1 su 5 già dorme da solo nella sua cameretta
  • per quanto riguarda invece il lettone, a un mese solo l’11% dei bambini si insedia stabilmente, percentuale che cresce con il tempo, tanto che a tre anni la percentuale è triplicata;
  • già dopo i cinque anni sono pochissimi i bambini che dormono nel lettone, come ha dimostrato uno studio italiano che ha indagato le abitudini del sonno di bambini toscani fino ai 10 anni, fatta dai pediatri ACP toscani e coordinato dal professore Rapisardi.

L’esame di questi dati mostra la naturale e spontanea evoluzione delle abitudini del sonno dei bambini verso una progressiva autonomia. I problemi di sonno riferiti dalle madri sono molto pochi: si lamenta del sonno dei figli solo il 9% a tre anni, anche se c’è una punta del 25% di mamme di bambini di età compresa fra 12 e 18 mesi disturbate nel sonno, un’età che corrisponde in pieno al periodo dell’ansia da separazione. Con il decrescere di questo fenomeno diminuisce nel giro di un anno, rapidamente e spontaneamente, il numero di mamme che lamentano disturbi del sonno a causa dei figli. Questi dati mostrano la naturale e spontanea evoluzione delle abitudini del sonno dei bambini verso una progressiva autonomizzazione.

 

Risvegli notturni e disturbi del sonno

A noi adulti capita spesso di svegliarci durante la notte tra un ciclo di sonno e l’altro. Spesso non ce ne accorgiamo neppure o semplicemente ci giriamo dall’altra parte per iniziare un nuovo ciclo. Ai bambini accade la stessa cosa ma con maggiore frequenza (i loro cicli sono più brevi, dunque si parla di “micro-risvegli”) ma spesso non sono abituati a riaddormentarsi da soli e quindi richiamano l’adulto per essere supportati: tutto ciò è assolutamente normale, dipende dal fatto che i piccoli si spaventano per la lontananza della figura di accudimento, un meccanismo

presente anche nel mondo animale e che costituisce una prima difesa dei cuccioli dall’aggressione dei predatori.

Nel caso in cui l’incidenza dei risvegli tra un ciclo di sonno e l’altro aumenta, si parla di sleep regression, un fenomeno che può verificarsi maggiormente nei seguenti momenti:

  • Aumento dell’autonomia (quando ad esempio il bambino inizia a gattonare o a camminare) e scatti nello sviluppo psicomotorio
  • Ansia da separazione (intorno ai 18-24 mesi)
  • Primi dentini
  • Inserimento al nido o all’asilo
  • Arrivo di fratellini o sorelline
  • Ripresa lavorativa della mamma
  • Tensioni familiari
  • Cambiamento di routine familiari

La SINPIA, società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, afferma che il 25% dei bambini al di sotto dei 5 anni soffre di disturbi del sonno, mentre dopo i 6 anni la percentuale scende al 10-12% circa. In generale nel mondo occidentale, rispetto a cento anni fa, i bambini dormono mediamente 2 ore in meno: il ritmo sonno-veglia naturale del bambino è stato influenzato dalle nuove esigenze sociali (ritmi frenetici, aumento di luci artificiali, utilizzo sempre più precoce di strumenti elettronici).

Nella prima infanzia sono più frequenti le difficoltà di addormentamento, i risvegli frequenti (nel lattante spesso in correlazioni con i pasti o con le coliche gassose) e i comportamenti anomali nel sonno (pavor notturno o risvegli confusionali). In età scolare, invece, si osservano maggiormente la paura dell’addormentamento e disturbi del movimento correlati al sonno. Negli adolescenti, infine, i disturbi del sonno sono frequentemente conseguenza di stili di vita e abitudini scorrette, in primo luogo l’inversione del ritmo sonno-veglia e l’utilizzo di schermi luminosi in prossimità dell’addormentamento.

Nel bambino, tra le conseguenze più gravi della carenza di sonno, troviamo disturbi di tipo cognitivo-comportamentale (calo del rendimento scolastico, disturbi di apprendimento, ridotta memoria di lavoro), problemi legati alla sonnolenza diurna (disattenzione, traumi accidentali) e l’obesità; nell’adolescente il disturbo del sonno può portare ad abuso di sostanze.

Studi italiani al riguardo hanno fatto emergere dati preoccupanti rispetto ai rischi a lungo termine che corrono i bambini con problemi di sonno, fra cui obesità, basso rendimento scolastico, iperattività, ma anche alti livelli di ansia e scarse autonomie in età scolare e pre-adolescenziale (Progetto “Ci piace sognare” a cura di SIPPS – Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale e SICuPP – Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche, 2016).

Da considerare anche il fatto che i problemi di sonno dei bambini hanno ripercussioni su tutta la famiglia determinando una scarsa salute mentale e fisica dei genitori, causando notevole stress familiare e favorendo lo sviluppo de una depressione materna.

 

Modelli teorici  e consigli pratici

Si riesce ad addormentarsi solo se ci sente protetti e in luogo sicuro, e il luogo più sicuro per un bambino molto piccolo è vicino alla propria madre.

Proteste per andare a letto, lungo tempo per addormentarsi, risvegli notturni con pianti e tentativi di raggiungere la mamma nel lettone. Questi disturbi sono poco frequenti presso i popoli che hanno mantenuto l’abitudine tradizionale di far dormire presso di sé i bambini e sono evidentemente una reazione a queste nuove modalità di accudimento.

Molti studiosi hanno “idealizzato” modelli e studi relativi alle differenti modalità di gestione e messa a letto dei bambini.

Da qualche decennio è invalso l’uso di abituare i bambini a dormire da soli, in un letto separato o in un’altra stanza, e a fare a meno anche della presenza dei genitori nel momento dell’addormentamento, imparando molto presto ad auto-consolarsi con l’aiuto di ciucci, pupazzi, copertine o altri oggetti sostitutivi, che suppliscono alla mancanza della mamma; l’uso di questi oggetti presso i popoli che praticano il cosliping è praticamente sconosciuto.

Negli Stati Uniti, sin dagli anni ’70, il dottor Ferber prima e il professor Brazelton poi, avevano promosso questa modalità di accudimento attraverso libri divulgativi diretti ai genitori, libri che hanno trovato un largo seguito fino ai giorni nostri; questa teoria è stata rilanciata dal dottor Estivill, che, in un libro pubblicato nei primi anni ’90, sostiene che fin dal terzo mese, e possibilmente anche da prima, il bambino deve essere messo a dormire nella sua cameretta e abituato ad auto-consolarsi, anche a costo di spendere molte lacrime. Parallelamente alla diffusione di queste metodologie nel mondo occidentale si sono moltiplicati i disturbi di sonno nell’infanzia, in alcuni Paesi è aumentato anche l’uso di farmaci per curare l’insonnia dei bambini.

L’aumento dei disturbi del sonno sarebbe, secondo alcuni, effetto diretto di una insufficiente educazione al sonno e all’autonomia da parte di genitori deboli, sopraffatti da bambini tiranni. Sarebbe proprio il dormire insieme, cui spesso i genitori cedono per evitare di far piangere i propri figli, la vera causa dei disturbi del sonno.

Secondo altri l’aumento dei disturbi del sonno dei bambini sia dovuto a pratiche culturali che fanno a pugni con la biologia e non rispettano i tempi dello sviluppo naturale. La separazione dalla madre, o dalla figura di accudimento, è infatti del tutto innaturale perché generatrice di ansie, proteste, risvegli e richieste di avvicinamento. Soprattutto per i bambini molto piccoli, tra gli uno e i tre anni, essere separati dalla mamma genera un’intrattenibile e intensa sensazione di ansia, determinata biologicamente e presente anche in altri animali, denominata ansia da separazione.

La Società Italiana di Pediatria elenca 10 regole da seguire per ottenere un corretto sonno dei bambini e dei loro genitori:

  1. Rispettare l’orario della nanna tutte le sere
  2. Far dormire il bambino sempre nello stesso ambiente
  3. Dissociare la fare di alimentazione da quella dell’addormentamento
  4. Rispettare l’orario dei pasti durante il giorno
  5. Mai usare tablet o altri dispositivi elettronici dopo cena
  6. Non dare troppo cibo o acqua prima di dormire
  7. Regolare con attenzione l’esposizione alla luce
  8. Evitare sostanze eccitanti dopo le 16
  9. Favorire un’alimentazione equilibrata
  10. No ai bambini nel lettone

 

Per rendere il momento della nanna più facile non solo per i piccoli ma anche per i genitori, alcuni autori suggeriscono altri dei consigli pratici:

  1. Accettiamo che nei primi mesi di vita possano svegliarci. Come detto, non si tratta di un capriccio né di un vostro errore di gestione: il sonno del bambino richiede tempo per autoregolarsi!
  2. Creiamo un rituale serale che lo accompagni alla nanna. Leggere una favola, cantare una ninna nanna, insomma una routine o un insieme di attività che si ripetono quotidianamente prima di andare a dormire e che hanno la funzione di prepararlo a ciò che accadrà a breve.
  3. Non aspettiamo che sia esausto per metterlo a letto. Un bambino molto stanco è più irritabile e nervoso e quindi più difficile da far addormentare. È quindi preferibile evitare giochi troppo turbolenti o eccitanti nelle due ore che precedono il sonno.
  4. Mettiamolo a nanna dove dovrà passare la notte. Spesso i bambini vengono fatti addormentare sul divano o nel lettone e poi spostati nel loro lettino, e questo può confonderli: svegliandosi di notte in un luogo diverso da quello in cui si sono addormentati, potrebbero sentirsi spaventati e spaesati, e tutto ciò renderà più difficile il riaddormentamento.
  5. Osserviamolo nella quotidianità e trascorriamo del tempo con lui. A tal proposito, eventuali difficoltà e problemi del sonno ci daranno molte informazioni sul modo in cui vive. Consideriamo anche che più il bimbo passerà del tempo con mamma e papà durante il giorno, più sarà appagato sotto questo punto di vista e meno soffrirà il “distacco” dovuto all’addormentamento.

 

E quindi? Proviamo a concludere

Nel nostro inconscio e nella letteratura il sonno e la morte sono collegati, ci sono molte analogie tra loro: il sonno suscita spesso una sensazione di perdita che nella forma più estrema diventa paura della morte.

“Quando ci si abbandona al sonno si entra in un tempo o in uno spazio su cui non si ha molto controllo. È una condizione di isolamento. Per alcuni rappresenta un porto tranquillo, intimo, pieno di sogni piacevoli. Per altri è un mondo tempestoso, popolato da incubi. Per i più è un misto tra le due cose. Ma non sappiamo in anticipo come sarà il nostro sonno” (A. Phillips).

Molti genitori hanno paura del sonno, soprattutto nei primissimi giorni. Il modo con cui i genitori affrontano il momento del sonno sarà fortemente influenzato da come essi stessi affrontano l’abbandono: da separazioni difficili del passato o da fattori più quotidiani come il dover separarsi tutto il giorno per lavoro. Tutti questi fattori influenzano il modo con cui i genitori presentano il sonno al bambino. La convinzione che il sonno sia un luogo piacevole e tranquillo, uno spazio sicuro nella normale giornata, magari accompagnato da una serie di gesti abituali prima e dopo, contribuirà a far apparire il sonno come un momento confortevole per il bambino, integrato nella esperienza quotidiana. Il bambino lasciato nella culla escogita modi per addormentarsi da solo e può godere di questo tempo privato: anche il sonno è un momento in cui il bambino può cominciare a formarsi risorse interiori.

Alcuni bambini trovano conforto da soli (succhiare il pollice, toccare la coperta, mettersi in una posizione particolare), altri nelle proposte dei genitori (ascoltare musica, farsi le coccole, leggere un libro). Alcuni gesti abitudinari possono diventare uno schema riconoscibile, diventare una routine per il bambino che si abituerà alla sequenza familiare e rassicurante. Il momento dell’addormentamento è una fase cruciale perché rappresenta un momento di distacco dal mondo esterno e quindi anche dai genitori (sia che i bambini dormano nel lettino che nel lettone con i genitori). Può essere utile in questa fase un rituale serale, rassicurante ma flessibile, pronto ad essere modificato in base alle esigenze, perché non è quel particolare libricino o quella sequenza di coccole a conciliare il sonno, ma la presenza rassicurante del genitore e soprattutto il bambino impara che alla fine del sonno mamma e papà saranno lì.

E’ sempre pericoloso semplificare un problema di sonno riportato da una famiglia, riducendolo solo alle abitudini scorrette che si rilevano perché in questo modo si rischia di colpevolizzare i genitori perché non mettono in atto i comportamenti giusti per far addormentare il proprio bambino.

Non si tratta sempre di cattive abitudini ma a volte si innescano delle dinamiche relazionali difficili da gestire per i genitori, oltre che delle dinamiche di coppia che possono influenzare il problema di sonno del bambino. Anche seguire alla lettera le regole d’oro sopra elencate non garantisce un corretto approccio all’addormentamento e al sonno privo di risvegli, anche oltre l’età in cui il sonno dei bambini è diverso da quello degli adulti, proprio perché il sonno può essere influenzato da altri fattori.

Quando il bambino dorme ha bisogno di sentirsi al sicuro e, perché ciò accada, ha bisogno di sentire che le persone che si prendono cura di lui siano sempre disponibili. Quando la mamma risponde al bisogno del bambino, il piccolo fa esperienza di un altro di cui fidarsi e di un sé in grado di attivare l’altro attraverso i sui richiami, le sue espressioni vocali, facciali, affettive.

I bambini hanno un sonno tranquillo quando possono sperimentare durante tutta la giornata genitori che si prendono cura di loro, che si sintonizzano con i loro bisogni fisiologici ed emotivi.

 

Riferimenti bibliografici

  • Brazelton, J. D. Sparrow “Il tuo bambino e…il sonno. Una guida autorevole per aiutare vostro figlio a dormire” 2003, Raffello Cortina
  • Lanzini “Il sonno dei bambini, dalla nascita ai primi anni”. www.uppa.it
  • Mattina, a cura di “Intorno alla nascita. L’esperienza di diventare genitori”. www.ordinepsicologilazio.it
  • A.M. Moschetti “Il sonno dei bambini: uno studio ne rivela i segreti”. www.uppa.it
  • A.M. Moschetti, M.L. Tortorella “Quando il bambino non dorme”. www.uppa.it
  • Phillips “I no che aiutano acrescere” 1999, Feltrinelli
  • Società Italiana di Pediatria “Un bambino su quattro soffre di disturbi del sonno. Le 10 regole d’oro per far dormire i piccoli, i più grandi (e anche mamma e papà)” 2019. www.sip.it